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Rompere il Binario: Riconoscere le Identità di Genere

Maggio 3, 2025

Quando si parla di identità di genere e orientamento sessuale, ci si trova spesso davanti a un tema che sembra ancora misterioso per molti. Ma non preoccuparti, non è nulla di troppo complicato – basta un po’ di pazienza e voglia di capire. Immagina di essere costantemente chiamato con un nome che non ti appartiene, come se ogni volta qualcuno ti chiamasse “Giovanni” anche se ti chiami “Andrea”. Ti verrebbe da correggerlo ogni volta, no? Ora, prova a pensare che, per alcune persone, questo accade non solo con il nome, ma anche con i pronomi. Se ti chiamano “lui” o “lei” mentre preferiresti essere chiamato con pronomi diversi, come “loro” o “iel”, può diventare davvero frustrante. Non sarebbe fastidioso? Eppure, per molte persone transgender e non binarie, questa è una realtà quotidiana. È un po’ come sentirsi dire ogni volta “Non ti vedo come sei, ma come voglio che tu sia”.

Cos’è quindi il concetto di “binario”? È l’idea che esistano solo due generi, maschile e femminile, basati sul sesso assegnato alla nascita. Questo sistema è chiamato “binario” perché, appunto, si fonda su due categorie distinte. Chi si identifica come “binario” si riconosce in uno dei due generi: maschio o femmina. È un concetto che, per secoli, ha dominato la nostra visione della società.

Ma cosa succede quando qualcuno non si riconosce in queste categorie così rigide? Qui entrano in gioco le persone non binarie. Una persona non binaria non si identifica pienamente né come uomo né come donna. Possono vivere la loro identità di genere in modo fluido, senza doversi etichettare con una delle due categorie tradizionali. È come se il loro genere non si adattasse ai confini stretti del “binario” e si muovesse liberamente, come un colore che sfuma tra il blu e il giallo senza essere né uno né l’altro. Per una persona non binaria, usare il pronome “loro” o “iel” al posto di “lui” o “lei” è una parte fondamentale del riconoscimento della propria identità.

E poi ci sono le persone transgender. Se il genere che una persona si sente di essere non coincide con quello che le è stato assegnato alla nascita, può essere definita transgender. Ad esempio, Matteo è nato con il sesso biologico di una donna, ma da sempre si è sentito uomo. Quando una persona transgender decide di iniziare un percorso di transizione, non si sta inventando qualcosa di nuovo, ma sta semplicemente cercando di allineare il proprio corpo e la propria vita alla propria identità interiore. Allo stesso modo, esistono anche persone transgender che, pur essendo nate con il sesso maschile, si identificano come donne e intraprendono il percorso per vivere come tali.

Immagina ora di essere una persona transgender, come ad esempio Elena, che si è sempre identificata come donna, ma la sua nascita le ha attribuito il sesso di un uomo. Dopo anni di riflessioni, Elena decide di intraprendere un percorso di transizione. Questo significa che, per sentirsi finalmente a casa nel proprio corpo, deve affrontare un lungo e difficile processo legale e medico. Il cambiamento del suo nome, dei pronomi, della documentazione ufficiale non è una formalità: è il suo diritto a essere riconosciuta come quella che è sempre stata.

Il punto cruciale è che, per molte persone, essere riconosciuti per quello che sono non è un capriccio o una moda, ma una necessità per vivere in modo autentico. Eppure, nonostante questo bisogno di riconoscimento, spesso la società fatica a fare il passo verso una maggiore inclusività. Ci sono ancora troppe situazioni in cui una persona non binaria o transgender viene ignorata, chiamata con pronomi sbagliati, o costretta ad affrontare iter burocratici complessi per ottenere il riconoscimento legale del proprio genere.

Anche il semplice gesto di usare il pronome corretto o di chiedere come una persona si identifichi può fare una differenza enorme. Non si tratta di essere perfetti, ma di essere aperti all’apprendimento e al rispetto reciproco. Non bisogna vedere la diversità come un problema, ma come una risorsa, una ricchezza che arricchisce la nostra società.

Insomma, non stiamo chiedendo di cambiare il mondo da un giorno all’altro. Più che altro, è come imparare un nuovo tipo di cortesia – semplicemente chiamare le persone come preferiscono essere chiamate. Non è difficile, e sinceramente, non costa nulla. Ogni volta che scegliamo di riconoscere l’altro per quello che è, facciamo un piccolo passo verso una società più rispettosa e inclusiva.

Dott. Antonio Genco