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Famiglia e orientamento sessuale. Quando l’amore vacilla

Giugno 21, 2025

Come cambia il legame genitori-figli dopo il coming out

“Mamma, papà… devo dirvi una cosa.”

A volte è una frase bisbigliata, altre volte è scritta in una lettera, o affidata a un messaggio di testo. Per molti ragazzi e ragazze LGBTQIA+, il coming out rappresenta uno dei momenti più carichi di tensione della loro vita.

Non riguarda solo la condivisione di un’informazione personale: è una rivelazione che può cambiare — per sempre — la percezione che gli altri hanno di loro. E quando quel “gli altri” coincide con i propri genitori, il rischio percepito è altissimo: “Mi ameranno ancora? Mi vedranno nello stesso modo?”

Ma il coming out, per quanto personale, non è mai un atto individuale isolato. È un evento relazionale, spesso trasformativo, che mette alla prova — e a volte rafforza — il legame genitori-figli.

 

Il coming out come sfida al modello familiare tradizionale

Nel nostro immaginario culturale, molte famiglie crescono con un’idea “standard” di futuro per i figli: matrimonio eterosessuale, figli, ruoli di genere ben definiti. Quando un figlio o una figlia fa coming out, quella narrazione viene messa in discussione. Non di rado, i genitori provano shock, senso di perdita, paura del giudizio sociale.

“Quando mio figlio mi ha detto che era gay, ho avuto l’impressione che tutto il futuro che avevo immaginato per lui svanisse. Mi sono sentita confusa, come se dovessi conoscerlo da capo.” – testimonianza di una madre, 52 anni.

 

La psicologia familiare ci insegna che questi momenti di “rottura” possono, se gestiti con consapevolezza, diventare spazi di rinegoziazione del legame: ci si riscopre, ci si ascolta, si riformulano aspettative e ruoli. Ma questo non accade da solo.

 

Tra accoglienza e rifiuto: due strade opposte

L’impatto del coming out varia enormemente a seconda della reazione genitoriale. Quando c’è accettazione, il messaggio che passa è chiaro: “Ti voglio bene per quello che sei, non per quello che pensavo fossi.” Questo rafforza il senso di identità e appartenenza del figlio, contribuendo a un sano sviluppo psico-emotivo.

“Quando ho detto a mio padre che ero lesbica, lui mi ha abbracciata e ha detto: ‘Avevo solo paura che tu stessi soffrendo. Ora so che sei libera. Va bene così.’ È stato il momento in cui ho sentito di essere davvero vista.” – testimonianza di Marta, 27 anni.

Dall’altra parte, reazioni di rifiuto — anche se velate — possono creare fratture profonde. Il silenzio, lo sminuire (“sarà una fase”), o il voler “cambiare” il figlio, sono tutte forme di invalidazione che minano la relazione.

“Mia madre ha smesso di parlarmi per settimane. Diceva che ero confuso, che avevo bisogno di uno psicologo. In realtà ero solo stanco di fingere.” – Davide, 19 anni.

 

Nei casi più estremi, alcuni giovani vengono allontanati da casa o scelgono di andarsene per proteggere la propria salute mentale. Questo può avere effetti devastanti: bassa autostima, isolamento, sintomi depressivi, fino al rischio suicidario.

 

Il ruolo del sostegno familiare: fattore protettivo o di rischio

Numerose ricerche psicologiche confermano che il sostegno familiare è il principale fattore protettivo per la salute mentale delle persone LGBTQIA+.

Uno studio pubblicato sul Journal of Child and Adolescent Psychiatric Nursing ha dimostrato che giovani LGBTQIA+ che percepiscono il supporto dei genitori hanno livelli significativamente più bassi di ansia, depressione e ideazione suicidaria, rispetto a quelli che subiscono rifiuto o indifferenza.

Al contrario, la mancanza di supporto può creare un senso di rifiuto identitario, spesso interiorizzato, che porta a una forma di auto-svalutazione. I ragazzi iniziano a credere che c’è davvero qualcosa di sbagliato in loro.

 

La trasformazione è possibile: genitori in cammino

Non tutti i genitori reagiscono bene subito. Alcuni hanno bisogno di tempo, di rielaborare paure, preconcetti o credenze religiose e culturali. Ma il cambiamento è possibile.

“Quando mia figlia mi ha detto che era bisessuale, ho reagito male. Pensavo che non fosse ‘normale’. Poi ho iniziato a leggere, ho parlato con altri genitori. Ora la sostengo apertamente. Non perché ho capito tutto, ma perché ho capito lei.” – padre, 60 anni.

 

L’impatto a lungo termine: relazioni adulte e fiducia

L’esperienza del coming out e la risposta ricevuta influenzano il modo in cui una persona LGBTQIA+ vivrà le relazioni in età adulta.

Chi è stato accolto tenderà a stabilire legami più sani, ad avere confini chiari, ad aprirsi senza paura. Chi è stato respinto, al contrario, potrebbe sviluppare paura dell’intimità, ipervigilanza, o difficoltà a fidarsi. In psicoterapia, queste ferite emergono spesso sotto forma di insicurezze relazionali, ansia da abbandono, o evitamento affettivo.

 

Una famiglia è uno spazio che può guarire

In definitiva, il coming out può essere un’occasione di crescita per l’intero sistema familiare. È una prova d’amore, di apertura, di coraggio. Non solo per chi lo fa, ma per chi lo riceve.

La famiglia può diventare un luogo di cura, di ascolto, di riconoscimento autentico. Ma per esserlo, serve allenare l’empatia, mettere in discussione le certezze, e soprattutto scegliere — ogni giorno — di amare più le persone che le etichette.

Perché l’amore genitoriale, quando è vero, non cambia se cambia l’idea che avevamo del figlio. Cambia con lui. E resta.

Dott. Antonio Genco